le nostre chiese
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Chiesa di S.Pietro (sec. XV-XVI)
LE NOSTRE CHIESE
La sua costruzione Chi, per ferrovia o per la Strada Statale si addentra nella Valtellina, a circa 300 m. oltre la stazione di S. Pietro Berbenno, vede sorgere a sinistra, a pochi passi dalla S. Statale, un'antica chiesa e precisamente quella di S. Pietro e Paolo e nota anche con il nome di S. Pietro in via. La Basilica di S. Pietro è in stile romanico-rinascimentale. La facciata volta verso la Statale e le fiancate laterali sono prive di decorazioni. Se non fosse per il portale di marmo di fattura cinquecentesca, si potrebbe dire che all'esterno, la chiesa (alquanto priva di sviluppo in altezza per il forte rialzo del terreno circostante) non presenti altra decorazione all'infuori delle lesene della fronte, dei fianchi e della leggera cornice di gronda. Il portale appare posteriore alla chiesa ed è così diverso che pur nella sua eccezionale bellezza non s'intona affatto con la costruzione a cui fu apposto. E' scolpito nel fine calcare di Saltrio ed è molto simile per fattura agli altri portali scolpiti nel 1500 in Valtellina e nella diocesi di Como. Le due lesene che portano l'architrave vennero modellate e scolpite con eleganza e varietà di forme, i piedestalli recano le figure di S. Pietro a sinistra e S. Paolo a destra (da notare questo fatto perché conferma che la chiesa venne realmente dedicata non solo al primo Santo, come di solito si crede, ma a tutti e due i S.S. Apostoli). I fusti presentano due candelabri con un'inesauribile teoria di vasi, foglie, fiori, fiamme, frutti, serpi, draghi, angeli e figure umane, che rivelano nell'autore un allievo dei famosi fratelli Rodari, da Maroggia, nel Canton Ticino, che hanno lasciato moltissimi capolavori nella cattedrale di Como e di Lugano, nelle chiese di S. Antonio e dell'Assunta in Morbegno, di S. Maurizio di Ponte e nella parrocchiale di Mazzo. Ricchi di figure e fogliami sono pure i capitelli; se la lesena di sinistra non portasse la data 1561, questo antico capolavoro si potrebbe attribuire ai fratelli Rodari, perché simile a quello dell'Assunta di Morbegno. Infatti nei registri della cattedrale di Como il nome di Tomaso Rodari appare per la prima volta iI 25 settembre 1484 e l'ultima il 9 giugno 1526, anno in cui probabilmente morì; del fratello di Tomaso, Giacomo, non si ha più alcuna notizia in epoca più tarda. Il portale di S. Pietro si può quindi attribuire ad un loro allievo. Il suo interno All'interno la chiesa si rivela in tutta la sua grandezza, non solo per l'eleganza delle linee e delle forme, ma anche per la grandiosità delle proporzioni. La pianta è basilicale, sui sei pilastri della navata centrale poggiano gli archi di questa e delle due laterali e sopra gli archi si alzano i muri che sostengono il tetto. Gli archi trasversali sono tutti leggermele a sesto acuto, quelli longitudinali fra gli intercolonni sono: a sesto acuto quelli nella prima e nella quarta campata, a tutto sesto nelle due intermedie, che presentano un lieve ribasso a confronto dell'arco trionfale di fondo. Le 18 arcate sostengono il tetto che non è più quello antico, poiché è stato più volte rifatto. L'abside è coperta da una volta a mezza tazza rafforzata e decorata da nervature in serizzo, che convergono al centro della volta. I pilastri della navata centrale di m. 0,70 per 0,70 sono eseguiti con finezza d arte, tagliati nel serizzo e alleggeriti da eleganti smussature. Portano bassi capitelli in serizzo, finemente lavorati, la base dei pilastri è coperta dal sopralzo del pavimento, eseguito in due riprese nei secoli scorsi per impedire l'infiltrazione delle acque dell'Adda e del vicino torrente Finale. Pure in serizzo sono la cornice di gronda e le lesene interne ed esterne della navata dell'abside. All'interno la chiesa è lunga m. 43,90, larga m. 17,20 ed alta in gronda m. 9,25. Solo i pilastri in proporzione sono poco alti, poiché misurano appena m. 3,90. Circa 15 anni fa nel corso di lavori di riattamento si trovò il pavimento originario a circa m. 2,70 di profondità. II tempio è nudo e spoglio di decorazioni e quasi privo di altari, di addobbi e di arredi sacri; l'altare maggiore e moderno, dietro questo si nota una pala (dipinta a olio su tela) che misura m. 2,30 x 1,50). Rappresenta Gesù che consegna la chiave a S. Pietro, alla scena assistono gli apostoli in vari atteggiamenti, dietro la figura c'è lo sfondo di un paese. Antiche iscrizioni La pala dell'altare in fondo alla navata di sinistra rappresenta S. Pietro in Vinculis, al cui piede a destra si legge ormai difficilmente per lo strappo della tela: HOC OPVS FVIT EXPLETUM EXPENSIS COMVNITATIS COLORINAE Anno Domini MDCXXVII (Quest'opera fu completata a spese della comunità di Colorina nell'anno del Signore 1627). Appeso sopra l'altare si nota un grande crocifisso antico in legno del 1600 (la parte aderente alla croce non è dipinta), sotto il quale si legge: ATTENDITE ET VIDETE SI EST DOLOR SICVIT DOLOR MVS 1855 (Guardate e vedete se vi è un dolore simile al mio). Il presbiterio è separato dalla navata di mezzo da un'elegante balaustra in marmo in stile barocco, su cui venne scolpita la iscrizione: "DONO DEI BENEFATTORI DI POLAGGIA AGLI ABITANTI - ROMA 1829". L'opera è evidentemente di antica fattura settecentesca, e fu portata da Roma nel 1829 dagli emigrati di Polaggia, che si erano stabiliti in questa città. La piccola sacrestia è stata applicata in epoca posteriore alla parete destra dell'abside. Si costruì poi la piccola torre campanaria sulla parete di fondo della basilica in epoca probabilmente settecentesca. Le opere d’arte Le uniche opere d'arte che non solo armonizzano bene col tempio, ma valgono ad accrescerne molto lo splendore, sono il pulpito e la pila. Il pulpito in legno artisticamente intagliato recava sei figure (tra le quali i quattro evangelisti in altorilievo negli archi). Si suppone che risalga al 1500 perché molto simile ad altri pulpiti valtellinesi del Rinascimento, purtroppo è molto malridotto, infatti oggi mancano ben quattro delle sei figure esistenti. La pila dell'Acqua Santa è in marmo bianco, a forma circolare nella parte inferiore, ed ottagonale nella superiore, poggia su un piede circolare, che si allarga verso il basso. La tazza porta sugli otto riquadri a bassorilievo fogliami di acanto, rami, campanelli e viticci, sull'orlo vi è un bordo a squame. Questa pila è alta m. 0,96 e misura m. 1,02 di diametro. E' situata alla destra, entrando dal portale, ed è ancora in buone condizioni. Secondo la tradizione locale sopra la tazza (sull'orlo della quale si osservano dei fori) vi era un tempo posto un tempietto in legno, poiché una volta serviva da vasca battesimale. S. Pietro chiesa plebana La chiesa di S. Pietro fu chiesa plebana e matrice delle chiese che sorsero nei paesi vicini: S. Martino di Postalesio, S. Bernardo e S. Benigno di Monastero, S. Bartolomeo di Pedemonte, S. Bernardo di Colorina, S. Simone di Valle, dell'Immacolata Concezione di Rodolo, S. Giacomo di Selvetta, S. Matteo in Val Madre (l'ultima parrocchia che si staccò fu Pedemonte nel 1624). La chiesa primitiva, coeva della basilica di S. Abbondio, secondo alcuni studiosi (sec. XI-XII), fu costruita verso il 1000-1100. Della chiesa primitiva non sono rimaste tracce, l'altare risale a molti secoli dopo: lo stile gotico e in particolare le arcate mostrano che la chiesa risale circa al 1300 (poiché nel territorio comasco lo stile gotico si affermò solo nel 1300, mentre nelle altre parti d'Italia più evolute si affermò intorno al 1100). La chiesa primitiva fu quindi demolita e ricostruita di nuovo: che l'attuale costruzione non abbia niente più a che fare con la primitiva, è mostrato dal suo orientamento, in quanto nella chiese antiche l'abside era posta a levante, mentre a S. Pietro è rivolta a nord. Inoltre Feliciano Ninguarda scriveva nella sua "Visita Pastorale" (1589) che la chiesa, anteriore al 1000, poiché era in rovina era stata da poco riedificata, mancava ancora della tinteggiatura e che tutte le spese per la costruzione erano state sostenute dai fedeli della pieve. Il costruttore della basilica Finora non si sapeva nulla del costruttore dell'attuale basilica, se n'è conosciuta l'identità solo recentemente, in seguito a ricerche d'archivio condotte da don Tarcisio Salice. Si tratta del capomastro Tommaso Cincerino da Ponchiera: vi erano infatti in questo paese molti mastri, fra cui anche i fratelli Domenico e Giovanni Scherini. Consacrazione e particolarità Quando il Ninguarda giunse in visita a S. Pietro, non essendo pronto neppure l'altare maggiore, che verrà edificato solo nella primavera del 1598, ne consacrò uno in fondo alla chiesa, a destra, entrando dalla porta centrale. Era quello probabilmente il posto occupato in precedenza dal coro della basilica altomedievale e in un angolo si poteva leggere incisa su una pietra questa iscrizione: Hic iacet B (onae) M (emoriae) famula Christi Irondo etc. …, come testimoniano i vescovi Filippo Archinti (1614) e Sisto Carcano (1624). Si trattava di una iscrizione paleocristiana attribuibile al VI o VII sec., l'unica di cui si sia trovata traccia in Valtellina. Probabilmente la basilica altomedioevale era stata costruita sulle rovine di un'altra ancor più antica, risalente agli albori del Cristianesimo in Valtellina. La basilica altomedievale aveva un campanile a più campane, accanto ad essa nel 1361 esisteva ancora la Canonica, in essa si seppellivano i morti, si benediva il Sabato Santo l'unica fonte battesimale della pieve e si amministrava il battesimo solenne. Nei primi decenni del 1400 nell'antica basilica si poteva ancora acquistare nei giorni 15 e 16 aprile la cosiddetta "grande indulgenza", concessa forse in occasione della sua dedicazione. In questa occasione, come a Natale e a Pasqua, i cappellani delle chiese foranee dovevano partecipare alla celebrazione delle solenni cerimonie in uso. Tuttavia verso la metà del 1300 l'arciprete aveva già iniziato a risiedere presso l'attuale chiesa parrocchiale, la cura di quella di S. Pietro era stata affidata ad un cappellano. Sino alla fine del 1500 la chiesa non venne mai a trovarsi isolata. A breve distanza da essa infatti sorgevano due importanti ed antichissime contrade: Sedurno, situata nei pressi della località Pratelli, dove il torrente Finale azionava due mulini e serviva una folla (per la confezione dei pannilana) e Bulgaro, tra la Chiesa e il Sassolto, dove risiedevano e lavoravano i conciatori di pelli. Il 19 luglio 1766 fu trasferito dalla chiesa di S. Pietro a quella di S. Maria il titolo di chiesa plebana, a causa delle infiltrazioni d'acqua causate sia dal torrente Finale sia dall'Adda. Nella chiesa di S. Pietro il 20 maggio 1797 ci fu la prima riunione che trattò delle condizioni a cui era sottoposta la Valtellina sotto il dominio dei Grigioni. Vi parteciparono l'arciprete Andrea Parravicini, che ne fu il promotore, e cinquanta Valtellinesi, rappresentanti della maggior parte dei paesi della Valtellina. Estratto dalla "Ricerca monografica svolta dalla classe 3° Sez. D" - Scuola Media Statale "C.Valorsa" di Berbenno di Valtellina (SO) - Anno Scolastico 1977-78